Padova
La notizia di un aborto eseguito in fase molto avanzata di gestazione nella clinica ostetrica del policlinico universitario di Padova è di quelle che riempiono di dolore.
«Non ci permettiamo di giudicare la madre che ha deciso impedire a suo figlio di vedere la luce» commenta Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la vita. «Ad essa vorremmo solo dire che vi era la possibilità di altre soluzioni e che avremmo potuto e voluto aiutarla, se la sua scelta fosse stata frutto di disperazione.
«La maggiore o minore età gestazionale del bambino non cambia evidentemente la natura dell’atto, ma fa differenza agli occhi della legge e la magistratura, doverosamente, sta indagando sull’eventuale falsificazione dei dati presenti nella cartella clinica. Tuttavia, se anche non dovesse esserci stato dolo nell’accertare l’età gestazionale, come si può non stigmatizzare la superficialità con cui sono state accertate le condizioni della donna e del suo bambino? Non doveva essere particolarmente complicato determinarne le reali condizioni, considerato che l’aborto dopo i 90 giorni è consentito solo in caso di grave pericolo per la vita della madre o per la presenza di gravi malformazioni fetali (tali da creare grave pericolo per la salute della donna) e che gli esami per accertare la presenza di tali circostanze devono essere effettuati all’interno della struttura dove l’aborto viene eseguito.
«In ogni caso, quando sussista la possibilità di vita autonoma del feto, l’aborto può essere praticato solo in presenza di pericolo di vita per la madre e adottando ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. Qualcuno evidentemente ritiene ormai che l’aborto sia un diritto esigibile sempre e comunque, ben al di là dei fragili paletti posti dalla legge 194, fino a sopprimere all’interno di un ospedale pubblico un feto già capace di vita autonoma.
«È urgente quindi ricreare le condizioni anche politiche, oltre che sanitarie e sociali, affinché la scelta per la vita sia incoraggiata e perché alle gestanti in difficoltà possano essere proposte soluzioni alternative all’aborto anche dentro gli ospedali pubblici. Il Movimento per la vita» ha concluso Gigli «è pronto a mettere a disposizione delle autorità sanitarie e dei consultori i suoi volontari e la rete dei Centri di aiuto alla vita per studiare ed offrire insieme soluzioni che salvaguardino la mamma ed il bambino».